15.03.2021 ・ Still I Rise

Dieci anni di guerra in Siria

Il 15 marzo 2011 i siriani scendono in piazza per chiedere più democrazia. È il tempo della Primavera araba e in tutto il Medio Oriente si respira una grande voglia di cambiamento e di libertà. In Siria, però, la protesta contro il regime di Assad diventa pesto una guerra civile in grado di distruggere un intero paese.

Oggi, dieci anni più tardi, ancora non si vede la fine delle sofferenze.

«Un decennio di bombe, torture e sfollamenti hanno causato 400mila morti, più di 6,6 milioni di sfollati interni e 5,5 milioni di persone in fuga all'estero. L'80% della popolazione vive in povertà e oltre 12 milioni di siriani, ad oggi, non hanno accesso all'acqua potabile. È impossibile descrivere a parole la devastazione di dieci anni di guerra, passati nel silenzio più assordante» denuncia Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise.

​​​​​​​Le storie dietro ai dati

Dietro ai numeri ci sono le storie delle persone che hanno visto le proprie esistenze sconvolte dalla guerra. Come quella di Abdulkafi Alhamdo, Program Coordinator di Still I Rise nel Nord Ovest della Siria.

«Io sono di Aleppo e dalla mia città sono dovuto scappare nel 2016. Ho resistito lì per cinque anni, dopo l'inizio della guerra, perché volevo far sentire la voce della mia gente. Pensavamo che presto il mondo si sarebbe mobilitato per difendere i civili, per proteggere i diritti umani di cui tanto si parla nei giornali e nelle televisioni. Ma la realtà è diversa».

Un'intera generazione che non conosce la pace

Ci sono le storie dei tanti bambini che sono nati sotto le bombe, che non sanno cosa significhi vivere in un paese in pace. Feriti, reclutati nei combattimenti o costretti a lavorare per sopravvivere, molti di loro non sono mai andati a scuola. Per questo Still I Rise ha creato il centro educativo Ma'an, nel Nord Ovest del paese, dove offrire educazione e protezione a bambine e bambini dai 10 ai 14 anni.

Still I Rise distribuisce alle famiglie pacchi alimentari, carbone, coperte e materiali isolanti per permettere ai minori di lasciare il lavoro e seguire le lezioni. All'interno del nostro centro educativo insegniamo l'inglese, l'arabo e la matematica e creiamo un luogo sicuro dove i nostri studenti possano tornare a essere bambini.

Marah, ad esempio, è una delle nostre studentesse e ha 12 anni. È stata costretta a lasciare il suo villaggio insieme alla famiglia e quello è stato per lei il momento più difficile. Ora vive da sfollata in una tenda, senza elettricità, esposta al freddo e alle intemperie dell’inverno. Ma sogna un giorno di diplomarsi, di diventare una brava insegnante di inglese e magari tornare a casa, a insegnare ai bambini. 

«Siamo partiti senza prendere niente, ci siamo portati dietro solo le nostre anime».

 

 

Uniamo le nostre voci

Sappiamo che non è abbastanza, e che il nostro intervento è solo una goccia nell'oceano, ma ogni giorno ci impegniamo a dare voce ai bisogni e alle necessità della popolazione siriana.

«Bisogna tornare a puntare i riflettori sulla Siria» sottolinea ancora Giulia Cicoli. «Non solo in questa settimana, dove ricordiamo un macabro anniversario di 10 anni guerra, ma ogni giorno. Dov'è la comunità internazionale? Dove sono i diritti umani? Dove sono i diritti dei bambini? Diverse potenze internazionali sono coinvolte in Siria e politicamente è un conflitto difficilissimo da risolvere, ma come sempre nelle guerre chi soffre sono i civili. E questo non è più sopportabile».

Dove ne abbiamo parlato

Queste sono alcune delle testate che hanno ospitato gli interventi dei nostri cooperanti per parlare della situazione in Siria.

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