Gli studenti delle nostre scuole vivono situazioni complesse e delicate. Molti di loro fuggono dalla guerra o da crisi umanitarie e finiscono in campi, tendopoli o baraccopoli che spesso si trasformano in alloggi a tempo indeterminato. Per questo Still I Rise è chiamata a offrire ai bambini non "solo" istruzione, ma anche protezione e un ambiente sereno nel quale crescere.
Il nostro impegno è quindi quello di aiutare i bambini a essere consapevoli di sé e delle proprie potenzialità, perché possano affrontare a testa alta ogni sfida della vita e imparare a convivere con il mondo che li circonda, senza esserne travotli. Li aiutiamo a sviluppare relazioni sane e virtuose con gli insegnanti e gli altri compagni, perché la scuola diventi un ambiente protetto nel quale possano riappropriarsi della loro infanzia.
All'interno di Still I Rise il dipartimento di Child Safeguarding e Protection lavora con passione e attenzione continua per assicurare ogni giorno il massimo supporto socioeducativo agli studenti che incontriamo in Grecia, Turchia, Siria e Kenya. Alla sua guida c’è Valentina Picco, romana di adozione e specializzata in tutela dei minori. Valentina ha lavorato per diversi anni in progetti umanitari in giro per il mondo e si è unita a Still I Rise a maggio 2021. Ora è alla guida di un team internazionale, che opera in Paesi e contesti estremamente diversi e il suo compito è quello di definire, insieme al resto dello staff, procedure condivise da adottare nei confronti di tutti i giovani studenti, sia all’interno che all’esterno delle scuole.
Da un lato, infatti, è indispensabile che attorno a ogni studente ci sia un ambiente di professionisti sempre attenti e pronti ad ascoltare, per evitare che situazioni di disagio possano trasformarsi nel tempo in comportamenti dannosi per sé e per gli altri. Dall’altro lato, il nostro team agisce anche al di fuori dei confini scolastici, promuovendo un dialogo costruttivo con le famiglie, la comunità locale e le autorità, per favorire il più possibile la creazione di un ambiente sano per la crescita del minore.
Un CSP officer deve saper ascoltare attivamente i bambini e farli sentire compresi, anche se questo significa incamerare parte del loro dolore e condividere le loro storie complesse e traumatiche. “Per gestire le questioni più delicate serve lucidità personale e professionale” riconosce Valentina. “Bisogna saper confinare il dolore per non farlo crescere troppo ed essere in grado di bilanciare la quantità che si riesce ad assorbire. Nelle attività sul campo si incontrano bambini vulnerabili che attraversano situazioni famigliari e fasi di vita su cui non esercitano alcun controllo, sebbene ne subiscano le conseguenze.”
All'interno di una stessa scuola si ascoltano spesso racconti simili tra loro. In Siria ciò che più pesa sui bambini è la persistente sensazione di insicurezza, legata agli sfollamenti, ai lutti, e al trauma di aver dovuto abbandonare i propri cari e i propri averi. In Kenya, gli studenti provengono da ambienti ad alto rischio, dove troppo spesso la violenza è all’ordine del giorno, e provoca ferite difficili da rimarginare, sia a livello fisico che psicologico. In Grecia, invece, il viaggio che ogni studente ha dovuto affrontare rappresenta un trauma difficile da superare, specialmente se è stato caratterizzato da soste o detenzioni in luoghi di violenza e abusi senza appello. Poi, una volta giunti a Samos, resta ancora viva e forte nei bambini la sensazione di non poter disporre della propria vita e di essere sempre in balia di qualcun altro.
L'obiettivo principale della attività di CSP è aiutare gli studenti a sviluppare al meglio le proprie potenzialità perché possano imparare a gestire una quotidianità spesso molto difficile. Uno degli strumenti utilizzati sono, ad esempio, i giochi cooperativi per favorire il senso di amicizia e fiducia tra gli studenti e prevenire fenomeni di bullismo.
Spiega Valentina: “Anziché lavorare in senso negativo per combattere il bullismo, stiamo promuovendo attività di rafforzamento del rispetto reciproco e della capacità di stare nel conflitto in maniera positiva. In questo modo possiamo prevenire fenomeni di bullismo, che sono comuni a tutti i contesti scolastici, e allo stesso tempo accrescere la fiducia degli studenti nel personale scolastico, per poter assicurare un livello maggiore di protezione nei loro confronti.”
Offrire supporto psicosociale e socio-pedagogico vuol dire concentrarsi sulle relazioni e su come migliorarle nella gestione delle situazioni traumatiche. “Per farlo al meglio, occorre ascoltare tanto e parlare il meno possibile. Prima di agire è necessario formarsi, mettersi alla prova, e saper essere attenti agli altri”, spiega Valentina. “Soprattutto bisogna ricordarsi che non esistono verità assolute e bisogna saper capire, perché solo così si può trasformare un circolo vizioso in un circolo virtuoso di relazioni all’interno di una comunità.”
Cambiare il mondo dal basso è possibile anche attraverso il lavoro sulle relazioni e sulla resilienza che, come ha precisato lei, “è un bene importante e prezioso da coltivare.” Per questo, a tutti i bambini lei vorrebbe augurare di volersi bene il più possibile e coltivare la propria resilienza, perché “non si può cancellare il passato, ma ci si può dotare di strumenti per gestire al meglio i propri traumi, grazie alle relazioni positive che ci costruiamo attorno.”