Il futuro della "gestione della migrazione" nell'UE è stato inaugurato lo scorso settembre a Samos. Il Centro Chiuso ad Accesso Controllato di Zervou ha aperto la strada a un nuovo modello di strutture di accoglienza europee che favorisce l’isolamento e misure di sicurezza nei confronti di richiedenti asilo e migranti. .
Il nuovo rapporto di Still I Rise “Crescere dietro il filo spinato” fornisce una prima panoramica circa l’impatto della politica europea di contenimento e deterrenza sulla salute mentale dei residenti del campo.
Sette mesi dopo l'apertura del Centro Chiuso ad Accesso Controllato (CCAC), le promesse di restituire dignità ai richiedenti asilo e ai migranti si sono infrante nella perdita di indipendenza e libertà di movimento, così come nella riduzione dei servizi essenziali nelle strutture.
Il report si focalizza sulle prospettive di minori e presunti tali che hanno vissuto in un limbo legale a Samos per più di due anni e che hanno vissuto il trasferimento nel nuovo campo con un misto di speranza e preoccupazione.
Sebbene il precedente hotspot di Vathi non fosse un luogo appropriato in cui vivere, il nuovo Centro Chiuso ad Accesso Controllato ha cambiato completamente la vita dei residenti del campo, non necessariamente in meglio. A partire dal nuovo nome ufficiale dato al centro, le sensazioni di chi ci vive sono di prigionia e isolamento.
"Si saranno anche lasciati alle spalle le tende improvvisate e le baracche costruite su una collina con serpenti e ratti, ma ora sono stati privati della libertà, che di solito è la punizione definitiva per un crimine- che non hanno commesso", afferma Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise.
La vasta area del campo comprende spazi per ospitare oltre 2.000 persone, campi da gioco, uffici e aree comuni. In parallelo, le misure di sicurezza sono state innalzate a livello penitenziario, includendo guardie di polizia e di sicurezza che pattugliano il perimetro, telecamere di sorveglianza funzionanti 24 ore su 24 e chiusura programmata dei cancelli per i residenti del campo (1).
Sebbene le autorità greche sostengano che queste misure siano a beneficio dei richiedenti asilo e dei migranti che vi abitano, possiamo solo chiederci che genere di minacce si annidino per questa popolazione in una valle isolata a 9 chilometri di distanza dalla città principale.
La realtà è che le misure hanno il solo scopo di tenere le persone all'interno, lontani dal resto della popolazione.
I risultati del questionario di autovalutazione mostrano che il rafforzamento delle misure di sicurezza nella struttura di accoglienza e identificazione di Samos si ripercuote sulla salute mentale dei suoi residenti.
Infatti, tutti gli intervistati hanno riferito che il passaggio attraverso i cancelli genera in loro un alto livello di stress e frustrazione. Hanno anche riferito di sentirsi sollevati quando si trovano all'esterno.
In sintesi, le misure di sicurezza, la distanza da Vathi e il costo del biglietto dell'autobus si rivelano essere nuove barriere che allontanano ulteriormente la popolazione migrante da una vita normale.
A questi ingenti investimenti in sicurezza, tuttavia, non è corrisposto un miglioramento dei servizi essenziali del campo o un aumento degli operatori dell'ufficio per la richiesta d'asilo.
Al contrario, la maggior parte degli intervistati ha risentito dell’'inefficienza dei servizi di accoglienza, identificazione e asilo. In casi estremi, ciò ha significato la perdita della protezione speciale per coloro che sono stati riconosciuti come minori solo quando avevano già raggiunto l'età adulta, due anni dopo la loro domanda di asilo iniziale.
Inoltre, il CCAC è ancora privo di adeguati servizi medici e sociali, già inesistenti nel vecchio hotspot. Infatti, il centro opera senza la presenza di un medico da febbraio e il sistema di tutela per gli MSNA non è ancora attivo.
Il contenuto di questo rapporto si concentra sulla descrizione dell'esperienza di vita attraverso le nuove misure di sicurezza create dal modello CCAC, ma a questi ostacoli si aggiungono anche misure legali che rendono i residenti del centro ancora più vulnerabili.
Negli ultimi mesi, Still I Rise ha collaborato con I Have Rights. per presentare un ulteriore rapporto al Comitato per i diritti dell’infanzia, volto a commentare il rispetto della Convenzione da parte della Grecia (accessibile qui).
Il rapporto si concentra sulla situazione dei MSNA nel CCAC e fornisce forti elementi che denunciano la detenzione de facto di questa popolazione e le inefficienze del processo di valutazione dell'età e della vulnerabilità rispetto all'interesse superiore del minore.
Senza dubbio, questo campo si rivela essere l'ennesimo strumento di una politica di contenimento e dissuasione volta a escludere i richiedenti asilo e i rifugiati in Grecia dal resto della società.
Infatti, il numero di nuovi arrivi sull’isola è diminuito drasticamente a causa dei costanti respingimenti violenti nel Mar Egeo e al confine terrestre di Evros.
La società civile locale e diverse ONG hanno denunciato questa pratica, che è diventata prassi con il passare degli anni e ancora più violenta dopo l'inizio della pandemia.
Der Spiegel, Lighthouse Reports, Le Monde e altre testate hanno realizzato un'inchiesta durata mesi che ha fornito prove tangibili di respingimenti fatali.
Nelle ultime settimane, il direttore di Frontex, l'Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera, ha rassegnato le dimissioni alla luce degli imminenti risultati di un'indagine ufficiale anti-frode, che rivela come il sistema di segnalazione dell'Agenzia stessa venga utilizzato per coprire i respingimenti nel Mar Egeo e il suo diretto coinvolgimento.
Anni dopo il picco della "crisi dei rifugiati" che ha interessato la Grecia, sono ancora gli stessi problemi strutturali nel sistema di accoglienza e di asilo a lasciare le persone vulnerabili in un limbo legale per un periodo di tempo indefinito.
Nel momento in cui l'UE si avvia a rimodellare il proprio sistema di asilo, è fondamentale che i politici e la società civile riconsiderino l'impatto che le misure di sicurezza sui confini hanno sulle vite di coloro che arrivano in Europa in cerca di protezione, compreso quello sulla loro salute mentale.